
A mezza costa, su un piano panoramico che guarda la valle, la piccola chiesa dedicata alla Madonna d’Oropa venne costruita per la generosità di un devoto migiandonese.
Racconta l’aurea legenda del voto fatto dal suo fondatore, Gaspare Bessero (1769-1861), cercatore d’oro in valle Anzasca, il quale vestito da mendicante percorreva a piedi la distanza fra Pestarena e Torino per portare alla Zecca i lingotti d’oro nascosti in una polenta, che teneva nello zaino. Così travestito e passando per strade secondarie, era sempre riuscito a sfuggire ai malandrini che tentavano di saltargli la strada. E fu così che, passando sotto i monti d’Oropa nel biellese, aveva fatto voto a quella Madonna: nella miniera si era perso il filone d’oro; se lo avesse trovato, avrebbe fatto costruire in paese una bella chiesa in onore di quella Madonna. E così avvenne.
I lavori di costruzione dell’edificio iniziarono il 17 agosto 1819 e già nel luglio dell’anno successivo il vescovo di Novara visitava il cantiere pressoché ultimato. Infatti nell’ultima domenica di agosto del 1820, il parroco don Carlo Jonghi, delegato del vescovo, benediceva la chiesa, annotando sul registro dell’archivio: Festa solenne, grande concorso mai vedutosi, milizia, mortaretti e banda per tre giorni.
Gaspare Bessero assegnò alla chiesa capitali e beni immobili, le cui rendite facevano autonoma economicamente. La dote per il beneficio ammontava a 26.945 Lire nuove di Piemonte. Il fondatore riservò per sé e per i suoi eredi il diritto di nominare il sacerdote beneficiario, che aveva l’obbligo di celebrare la messa nei giorni festivi, a suffragio dell’anima sua (o della moglie), due ore prime della messa in parrocchia.
Nel corso degli anni (1832), il fondatore istituì anche una capellania laicale vitalizia, che assegnò al nipote don Giuseppe Bessero.
Nel 1848, l’anno delle rivoluzioni in Europa, riparò a Migiandone padre Basilio Stankeviz, scacciato con i confratelli gesuiti, dalla nativa Polonia. Precisa e dettagliata la convenzione stipulata tra il Bessero e il religioso, il quale, oltre alle incombenze del suo ministero compensate da uno stipendio annuo, aveva diritto a quindici giorni di ferie!
Per alcuni anni, il servizio religioso all’Oropa fu realizzato da due cappellani, aiutati da un eremita, Bartolomeo Marchese morto nel 1861.
Quasi in contemporanea con l’edificazione della chiesa, sempre per la generosità di Gaspare Bessero, vennero innalzate lungo la via che dalla piazza della chiesa parrocchiale conduce al santuario le cappelle della Via Crucis , affrescate nel 1822 dal pittore vigezzino Lorenzo Peretti, uno dei migliori affrescatori della zona.
Preso da un sacro fuoco religioso ed edilizio, Gaspare Bessero fece costruire il portico che circonda per tre lati la chiesa, con i 15 misteri della Beata Vergine ed a lato del Santuario una casa a tre piani per uso dei Missionari.
Il progetto del benefattore era sicuramente grandioso: creare una struttura religiosa per richiamare fedeli e pellegrini. L’ardore che metteva in questa impresa fu tale che i figli (Gaspare e Maria) dovettero intervenire per frenare la generosità e l’altruismo del genitore. Infatti, oltre l’opera dell’Oropa, Gaspare Bessero liberò i compatrioti dalle decime che dovevano al parroco, assegnando al Comune di Migiandone un capitale per togliere dai particolari il pagamento dovuto al signor parroco: una emina (23 litri) di segala, mezza di panico, mezza brenta di vino, un carico di legna, la decima del grano.
A ricordo di queste liberalità l’amministrazione comunale pose una lapide sulla casa del benefattore (divenuta poi casa comunale per molti anni) con la scritta: Popule Miggiandoni a primitiis solute D. Gasparum Bessero erga eum grati animi esto, che, in lingua a tutti comprensibile, dice: O popolazione di Migiandone, sciolta dall’obbligo delle primizie, abbi gratitudine verso il signor Gaspare Bessero.
